Si è, e scusate il finalmente, reso
concreto il progetto di creazione di un giornale di strada.
Il giornale, questo giornale, è
un progetto pilota integrato tra il Ser.T. dell’USL 3 genovese, l’Unità
Mobile della L.I.L.A. e la Comunità di San Benedetto al Porto.
L’incontro di queste esperienze ha evidenziato
che tra le innumerevoli lacune, forse quella della mancanza di una informazione
finalizzata a ridurre i rischi di AIDS, overdose ed emarginazione è
la più immediatamente colmabile.
Il giornale si è prefisso degli
obiettivi così riassumibili: coinvolgere quelle fasce, sommariamente
identificate come sommerse, offrendo spazi di elaborazione e di collaborazione,
promuovendo una cultura della tutela della salute propria e degli altri
e, attraverso un’informazione diffusa e contagiosa di chi la strada la
vive, valorizzare le competenze, i saperi della popolazione sommersa.
Abbiamo fatto del nostro meglio per fare
uscire il giornale proprio in concomitanza della giornata Mondiale per
la lotta contro l’AIDS così da sottolineare che l’emarginazione
non è monopolio del tossicodipendente, dell’immigrato, o di una
specifica categoria, ma un fronte che accomuna molta, troppa gente.
Con tutto il cuore un augurio a questo giornale
di strada.
Sono poche pagine ma c’è già
uno spessore vivo, fatto di voci diverse, testimonianze di "giovani" e
adulti, lavoratori e disoccupati, uomini e donne, etnie diverse.
Un mondo che cammina nella strada.
Certamente il giornale incontrerà
la condizione dei giovani come spia lucida della situazione generale di
crisi che coinvolge l’intera società.
"Area di Servizio" vorrà ascoltare,
vorrà mettersi in relazione, da soggetto a soggetto, consapevoli
della diversità di esperienza e di linguaggio.
Bisogna essere convinti che se le persone
comunicano e si riconoscono, possono darsi facilmente obiettivi comuni
e, con creatività, cercare soluzioni a problemi collettivi.
Sia questo uno degli scopi principali di
questa originale carta stampata: "Crescere nel senso di capirsi
più che di capire. Fare politica nel senso di costruire Relazioni,
più che di fornire linee di pensiero o di Azione".
Buon Viaggio!
Don Andrea Gallo
ISTANTANEE
Racconti
di "viaggio"
1°
Si parte di notte, sempre in numero superiore
a quanti potremmo starci. Ti accorgi, dalle espressioni dei visi, se è
il primo viaggio o se, oramai, altri ne sono stati fatti.
Una volta, ad una madre "inesperta", diedi
il mio giubbotto, con il rischio di congelare, per coprire il bambino che
aveva in braccio.
La disperazione o il coraggio devono essere
grandi per decidere di salire su un gommone.
Ognuno porta il proprio bagaglio. Non sono
grandi, un solo cambio. Ogni indumento, dal più intimo al più
visibile, viene messo in un sacchetto di plastica. Il tutto viene nuovamente
posto in un sacchetto di plastica, più grande, più ce ne
sono meglio è.
Perché, quando si arriva, dobbiamo
buttarci in acqua ciascuno con i propri bagagli, nuotare fino alla riva
e avere, una volta giunti sulla spiaggia, un cambio asciutto che ci dia
la possibilità di proseguire il viaggio e di sopravvivere.
2°
Sono andata a trovare i miei figli, sono
tre, uno più bello dell’altro.
Mamma mia, che casino arrivare qui adesso.
Non ci capisci più niente.
Il gommone è per otto? Più
di venti persone siamo sopra.
Gente di tutti i tipi: puttane, ladri,
spacciatori.
In questo viaggio stavo seduta su una cassa
che conteneva fumo, hashish, una paura.
Se ci fermavano arrestavano pure me.
Io non sono un spacciatore, sono puttana.
Faccio soldi per mantenere i miei figli, non c’è lavoro in Albania,
solo guerra.
Troppo casino c’è adesso, troppo.
3°
- Ma Dio, che piacere rivederti, ma dov’è
che sei sparita?
- Eh polizia mi ha mandato in Albania quattro
giorni fa’. Adesso sono qui, al lavoro.
- Quanto ti è costato tornare in
Italia?
- Circa un milione, più o meno.
Da Albania, per il gommone, 500/600 mila
lire. Poi arrivata sulla spiaggia ci sono italiani con macchine che ci
aspettano, come taxi, e ci portano alla stazione di Foggia. Saliamo in
quattro e ognuno paga da 350/400 mila lire.
- Ma tutti quei soldi dovete a questa specie
di tassisti?
- Loro sono bravi. Ci aspettano.
Dritte
& Diritti
Legge
n. 40 del 6-3-98
"Disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero"
Questa legge prevede alcune novità:
una di queste è la possibilità di avere una Carta di Soggiorno,
per chi è in Italia da sei anni e dimostri di avere un reddito sufficiente
per sé e la sua famiglia. La carta è valida a tempo indeterminato
e può essere richiesta anche per altri familiari. Chi è in
possesso della Carta di Soggiorno non ha bisogno del visto d’ingresso,
può svolgere qualsiasi lavoro e usare i servizi della pubblica amministrazione,
sanità e previdenza. Ha il diritto di elettorato attivo e passivo
(votare e farsi votare) nelle elezioni comunali e circoscrizionali.
L’immigrato residente da più di
un anno può far venire in Italia i suoi parenti dimostrando di avere
alloggio e reddito da 480.000 a 1.440.0000 mensili a seconda del numero
di familiari.
Il provvedimento di espulsione è
escluso per tutti gli stranieri che vogliano sottrarsi allo sfruttamento,
in particolare quello sessuale. Agli stranieri che prendono questa decisione
è dato un Permesso di Soggiorno e la possibilità di ricevere
assistenza.
Tutti i minori stranieri in Italia hanno
l’obbligo di andare a scuola.
Anche per gli irregolari è garantita
l’assistenza sanitaria essenziale. La tratta degli immigrati clandestini
è punita fino a 15 anni di carcere.
Per lo straniero che vuole entrare in Italia
per trovare lavoro è istituita la figura del garante: può
essere un cittadino italiano o straniero regolare, un Ente o Associazione
che assicurino allo straniero alloggio e mantenimento per la durata, annuale,
del Permesso di Soggiorno.
Per regolarizzarsi
entro il 15 Dicembre, bisogna:
1- Ritirare presso la Questura il numero
di prenotazione presentando un documento di
identità;
2 - Procurarsi un qualsiasi tipo di documento
(una lettera con timbro postale, una multa, un ricovero sanitario) che
dimostri l’effettiva presenza in Italia prima del 27 Marzo 1998;
3- Presentare una documentazione del datore
di lavoro che attesti la disponibilità a sottoscrivere un contratto
di lavoro subordinato. Per gli autonomi serve il nulla osta della Camera
di Commercio e la documentazione attestante un reddito annuo proveniente
da fonti lecite superiore a 8.000.000;
4- Documentazione attestante la disponibilità
di un alloggio;
5- Due foto-tessere a colori;
6- Una marca da bollo da 20.000;
7- Passaporto o documento di identità
(Originale + Fotocopia).
Per il ricongiungimento
familiare:
Il ricongiungimento può essere richiesto
solo da persone che siano in Italia da prima del 27 Marzo 1998, titolari
di Permesso o Carta di Soggiorno valida per più di un anno per lavoro
anche atipico o autonomo, asilo politico, motivi di studio, motivi religiosi.
Per informazioni rivolgete le vostre domande all’Unità Mobile della L.I.L.A. o alla redazione, tel. 010 2461290
Dove possono rivolgersi
a Genova gli immigrati per avere assistenza legale?
Centro Servizi Integrato per immigrati
via Milano, 42/a - asc.F 8°p.
tel. 010 255423/4
da LU a VE ore 9/13-15/19
escluso GI mat. e VE pom.
CISL
piazza Campetto, 1 - 1°p.
tel. 010 2473577, orario d’ufficio
CGIL
piazza Campetto, 7/10
tel. 010 2510252
da LU a VE ore 9/12-15.30/18
IL GRAPPOLO
via S.Luca, 4/2 sc.C
tel. 010 2476830, dal LU al VE ore 15/18,
MA e GIO ore 10/12
Comune - Ufficio Stranieri
via Lomellini, 15/13
tel. 010 5577298
LU ore 8.30/12 e MA ore 14/16
Dal
diamante non nasce niente
(dal
letame nascono i fior)
– Il Diamante? Un posto come un altro. No,
non c’è disagio. Sì, va tutto bene. Oddio, si sa…
Ore 10.00
– Questo bus porta alla Diga?
– Sì.
– Tu abiti lì? Ci puoi aiutare a…
?
– No. Io ci dormo. Non so niente.
Scendiamo proprio sotto quell’imponente,
incombente alveare. Quanti saranno? Trecento, cinquecento, mille alloggi?
C’è un silenzio di tomba. Poi, all’improvviso, un fischio e un tonfo:
un sacchetto di immondizie si schianta ai nostri piedi.
Cerchiamo di sistemare le nostre idee.
Cerchiamo, soprattutto, qualcosa o qualcuno da cui partire. Il qualcuno
è lì, davanti a noi. Tiene a guinzaglio un pitt bull, che
viene ad annusarci.
– Abiti qui?
– Sì. Cercate qualcosa?
– Vorremmo capire come si vive qui, per…
– Eh! come si vive… Io le mie lotte personali
le ho fatte… Vedete lassù? Ho i miei cavalli e i cani… Anche se
sembra che qua nessuno li sopporti, i cani. Come si vive? Be’ qua devi
mantenere una certa linea di condotta, devi dire sì anche se è
no. Ognuno poi pensa a sé. O ti fai giustizia da solo o abbozzi.
Non ci sono spazi, non c’è collaborazione. Tutti vivono questo posto
come un campo profughi. Una casa ce l’hai, ma sai quanta gente c’è
morta, qui!… Gente vecchia… Morti d’inedia… Manca uno stato d’animo felice.
Per sopravvivere devi crearti delle cose. Cose piacevoli. In un posto come
questo ti rovini la testa se non trovi qualche cosa. Io ho fatto le mie
lotte personali: ho i cavalli, i cani…
– E cos’altro si può fare?
– Andarsene, se ci riesci. A meno che non
trovi qualche cosa… Ma è difficile. C’è troppa ansia.
– Possiamo scrivere il tuo nome?
– Certo! Io sono Guido Poggi, ti do il
telefono… Comunque qui, in questo posto non c’è un corso da seguire.
Capito? Fine.
Guarda il caso! Scopriamo che Ettore abita
qui. Il citofono è rotto. Gli hanno dato fuoco per non essere disturbati.
Lo chiamiamo dalla strada. Si affaccia.
– Che ci fate qui?
– Facci entrare. Veniamo da te.
Siamo dentro la Diga. La sensazione
è davvero di essere dentro qualcosa, qualcosa di buio. Inferriate
e porte ricordano le celle di un carcere. È possibile che in questo
dentro
siano chiuse delle vite, delle storie? Della rabbia, forse…
Entriamo in casa. La casa è già
una storia che si racconta da sola. Sarà nei giorni successivi il
nostro campo-base: al mattino, un caffè caldo e un gatto innamorato
che si struscia sulle nostre gambe. Ettore qui è ospitato, insieme
al fratello, da un amico. Arriva l’amico. Ci guarda un po’ sospettoso.
Poi ci dà la mano morbida, gentile. Si siede con noi e mentre sorseggiamo
un bicchiere di vino risponde alle nostra domande.
– Qua, dice, abitano solo malati di mente.
L’altro giorno nel portone hanno picchiato un pedofilo. Si portava i bambini
in casa. Si sono fatti giustizia…
Il giorno dopo, al mattino, stesso posto,
altra casa. Chi ci apre, dopo la presentazione di Ettore, si mostra molto
disponibile. Viene dal Marocco e sopravvive con quello che lui definisce
"commercio di strada". Vuole essere indicato come "l’uomo di strada".
– Cosa rappresenta la strada per te?
– La strada è una scuola e questa
casa è una strada.
Ci pare che voglia intendere che è
un porto di mare, con tanta gente che va e che viene. La casa, però,
non è sua. Anche lui è ospitato da un amico.
– La strada è una scuola, ripiglia.
Ma uno sfigato, dice, resta sempre uno sfigato. Pensa che io ho studiato,
a Perugia, e mi mancava poco alla laurea…
– Non puoi continuare?
– Stai scherzando? Devo già lottare
per mangiare, per fumare…
E dopo un po’: – Sai cosa manca qui? La
bellezza del cuore… – E ci indica una montagna di spazzatura che ostruisce
la vista dalla finestra. – Qui – dice ancora – è come in galera
o in manicomio. Dio dove mi hai buttato!
– Ma l’assistenza? Qualcuno vi segue, vi
dà una mano?
– A noi ci segue il diavolo. Le assistenti?
sono un simbolo. Ci sono: lì, in ufficio…
Arriva il padrone di casa e si ferma a
parlare con noi. Il suo grande problema è di conservarsi la casa:
con la pensione che ha, fa fatica a pagare l’affitto. Ci racconta di aver
conosciuto l’amico marocchino in bus e di averlo accolto in casa con tutta
la famiglia. Già, perché l’amico marocchino ha moglie e un
figlio di quattro mesi.
– Volete vederlo? Prima però spegnete
la sigaretta.
Il bimbo gioca con un mazzo di chiavi.
– Bello! – gli sussurra il padre. Lo tira
su dal passeggino, lo fa volare in alto e gli sussurra: – Bello! Domani
per te le chiavi di una villa… sarai centravanti della Nazionale…
Pauluzzo u pazzo, maestro di chiavi. Decenni
tra carcere e O.P.G. Ha costruito un giardinetto abusivo tutto intorno
al palazzo, con sassolini, fontanelle, panchine e con su scritti i nomi
di tutti quelli che l’hanno aiutato a farlo. Ettore suona alla porta.
– Ci sono degli amici che ti vogliono parlare.
– Prego, dite.
Spieghiamo chi siamo e che cosa vogliamo.
– Ah, ho capito, giornalisti. Io ho già
detto tutto in questi anni, tutto quello che potevo dire. Ma adesso, vedete,
sto tagliando la carne. Se ci tenete, tornate domani. Però passate
dal giardino e mettetevi comodi. Io poi arrivo…
Grazie ad Ettore che ci ha fatto da guida;
grazie all’uomo di strada; grazie ai loro ospiti. Grazie a Pauluzzo e a
Guido Poggi. Grazie anche a chi ci ha detto che il Diamante è un
posto come un altro.
anno uno - numero zero - dicembre 1998
Rivista mensile di carattere socio-culturale
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- Hanno collaborato a questo numero: Maria Cecilia Averame, Roberto
Boca, Carola Frediani, Don Andrea Gallo, Elvira Malfatto, Massimiliano
Olivieri, Liana Prezioso, Bruno Satta - Gli articoli possono essere riprodotti
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lotta alla droga della Regione Liguria con delibera della Giunta n°
740 del 27.03.1998 Distribuzione Gratuita - Tiratura: 2000 copie
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