Inchiesta: i distributori automatici di siringhe
FUNZIONANO!

Un giorno come tutti gli altri: sbattimenti più o meno legali che mi portano ad ora tarda. Non è stato semplice, come sempre del resto, ma finalmente l’ho trovata.
Sto talmente male che solo l’averla in tasca, mi dà la forza di trascinarmi fino alla farmacia di turno. Mi sono rimaste in tasca giusto duemila lire.
Tanto è l’affanno, che non mi sono accorto che sono in quella fascia oraria dove star male è un privilegio che alcuni non possono concedersi. C’è il temutissimo straordinario notturno: cioè un aumento di cinquemila lire sull’acquisto di qualsiasi medicina, profilattico, o fazzoletto di carta. Io non ce l’ho seimila cinquecento lire.
Ritorno sui miei passi con la testa che viaggia a mille per trovare una soluzione, quando, di fronte all’ingresso della metropolitana, mimetizzata come un marines a Guadalcanal, ecco una macchinetta che distribuisce siringhe.
Allora, questi distributori ci sono. Per la precisione dal 1993 su richiesta dell’allora Ufficio Tossicodipendenze e, inverosimilmente, funzionano. E pensare che non sono in tanti a sapere di questo sevizio che si integra con le varie Unità Mobili genovesi, e quei pochi che ne conoscono l’esistenza danno per scontato che non funzionino, evidenziando tutta la diffidenza nei confronti dei servizi che il Comune di Genova ci offre.
In effetti, i servizi sono pochi, apparentemente in uno stato di semi abbandono e spesso monchi. I distributori di siringhe ad esempio: non ti danno l’acqua. Il Comune ha più volte richiesto al Ministero l’autorizzazione, ma più volte è stata negata perché l’acqua è considerata un presidio medico/chirurgico, distribuibile solo dietro ricetta medica.
Posizione perlomeno strana, da parte del Ministero, visto che è prassi comune dei farmacisti venderla senza ricetta.
Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria dei distributori di siringhe, il Comune di Genova ha in progetto di affidarla alla ditta costruttrice ALTEI di Modena a partire dal primo Febbraio.
Tre distributori sono decisamente pochi, nonostante alcune circoscrizioni ne abbiano fatto richiesta, e poco visibili malgrado gli intenti. Meglio di niente...



DisSERTando
a cura del Ser.T. ambito 3

Abbiamo accolto con vivo piacere la possibilità di curare una finestra di questo giornale, ancora nella fase iniziale, anche per sostenere la fatica di quanti si stanno impegnando "a tempo pieno" nella sua realizzazione.
Dissertare significa trattare con competenza un argomento. Forse in quella competenza si può vedere anche una certa pedanteria, tipica dei professionisti che trattano la loro materia con sufficienza e distacco.
Vorremmo che la nostra partecipazione a questo progetto recasse con sé una traccia di quella autoironia che contraddistingue molti operatori che lavorano in questo campo e che rende il loro intervento spesso animato da spirito di partecipazione e solidarietà, oltre che da competenza e serietà. Dissertare quindi in modo "informale" su svariati argomenti, senza perdere l’ombra della nostra identità di Servizio Pubblico.
Ci sembra che la ricerca del legame con altre istituzioni ed enti privati alla ricerca di quelle sinergie che animano il motore della solidarietà debba essere uno degli intenti principali che anima questa rivista.
L’altro ci sembra quello del rispetto delle specifiche competenze e aree di intervento.
E noi, come istituzione pubblica, sappiamo di essere chiamati più di altri a dare risposte difficili, spesso attuate con pochi mezzi e risorse.
Proprio per questo la nostra presenza ci è sembrata non solo inevitabile ma doverosa. Noi entriamo quotidianamente in contatto con la strada: non solo attraverso l’automobile della riduzione del danno ma anche attraverso l’ascolto quotidiano di quanti affollano i nostri ambulatori, alla ricerca di una risposta ai loro problemi.
Sappiamo che quanto facciamo non è sempre sufficiente per colmare queste risposte, tuttavia noi vorremmo testimoniare l’impegno a proseguire sulla strada di un dialogo con chi ancora non ci ha raggiunto o con chi non ha ancora trovato la risposta al suo particolare problema.
Molte difficoltà che l’istituzione incontra nascono anche dal non riuscire a mettere a fuoco i problemi, a discuterli con pacatezza e con la partecipazione di tutti.
E quando diciamo tutti quanti, pensiamo anche a chi non ha ancora avuto voce per poter esprimere il proprio pensiero.
Ecco, ci piacerebbe poter articolare la nostra presenza in Area di Servizio in questo modo: con discrezione ed in modo sentito, senza alzare la nostra voce di una nota rispetto a quella di tutte le altre.
Buona lettura.



Dritte & Diritti
SONO INVALIDI CIVILI LE PERSONE AFFETTE
DA HIV/AIDS: ECCO COME OTTENERE L’INDENNITA’

I cittadini italiani affetti da patologie invalidanti, comprese l’infezione da HIV e l’AIDS, possono usufruire di alcune indennità economiche. Secondo quanto previsto dalla Legge n. 40 del 6/3/98 art. 39, hanno gli stessi diritti anche gli stranieri che soggiornano regolarmente in Italia.

Chi sono gli invalidi civili?
Coloro che, a causa di malattia o minorazione, hanno subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore ad un terzo o, se minori di 18 anni, hanno difficoltà a svolgere le funzioni proprie dell’età (Legge 118/71).

A quali indennità hanno diritto?

1) Assegno di invalidità
Spetta alle persone invalide civili parziali, dal 74% al 99%, con un reddito annuo non superiore a £ 5.169.460.
L’importo mensile è di £ 388.460, con fornitura gratuita di protesi ed ausili da parte dell’USL di residenza, per patologie collegate all’invalidità (stampelle, girelli, pannoloni, materassini per evitare piaghe da decubito, ecc.).
Chi possiede questi requisiti ha diritto ad iscriversi alle liste speciali di collocamento presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro, via Dino Col n. 9, Genova Sampierdarena, tel. 0105399411.

2) Indennità di accompagnamento
Spetta alle persone totalmente inabili e incapaci di camminare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o che hanno bisogno di assistenza continua. Non sono previsti limiti di reddito e l’importo è di £ 783.190 (Legge 18/80).

Cosa bisogna fare per ottenere queste indennità?
Chiedere una visita collegiale presentando una domanda scritta in via G. Maggio 6 (di fronte all’ex-ospedale psichiatrico di Quarto). Entro 90 giorni una commissione medica effettua la visita e comunica il risultato all’interessato che deve presentare domanda alla Prefettura, Ufficio Invalidi civili, Largo S. Giuseppe 19, 2° piano.
Per ottenerla l’attesa è di circa un anno.

3) Indennità TBC
Spetta a chi ha contratto la TBC ed è in cura presso reparti ospedalieri o ambulatori specialistici. E’ necessario un anno di contributi versati.

Cosa bisogna fare?
Il medico curante deve segnalare il caso all’INPS, tramite apposito modello TBC 22 per la concessione dell’indennità. (Legge 88/87)

4) Indennità mensile di frequenza
Spetta agli invalidi civili minori di 18 anni con difficoltà a svolgere i compiti propri dell’età e che necessitino di trattamenti terapeutici o riabilitazione. Il limite di reddito annuo è di £ 5.169.450.
L’importo mensile dell’indennità è di £ 388.460 (Legge 289/90).

Cosa bisogna fare per ottenere quest’indennità?
La richiesta deve essere presentata dai genitori o da chi esercita la patria potestà all’INPS: per il centro, via Cadorna 5, tel. 0105382; per il ponente, via Sestri 196r tel. 01065411.

Per chi è malato di AIDS e non ha possibilità di sostegno esistono queste strutture:
Casanostra, via Padre Semeria 54, tel. 010317656. E’ una casa alloggio per persone di sesso maschile affette da AIDS conclamato. Viene accettato chiunque, escluse le persone in fase di tossicodipendenza attiva (sono invece accolte quelle in trattamento metadonico). Per essere inseriti nella lista di attesa è necessaria la segnalazione del Reparto Infettivi dell’Ospedale Galliera o San Martino al coordinatore della struttura.

La Tartaruga, Via Cà dei Trenta 28, Trasta, tel 0107411209, Casa-alloggio del Centro di Solidarietà, per persone affette da AIDS conclamato, di sesso sia maschile che femminile, escluse le persone in fase di tossicodipendenza attiva (sono invece accolte quelle in trattamento metadonico a scalare).
Per essere inseriti nella lista di attesa è necessaria la mediazione del Ser.T. o del primario infettivologo di una struttura pubblica.

COLTIVARE CANAPA INDIANA NON E’ REATO

Per i pollici verdi un precedente interessante: la coltivazione di canapa indiana per uso personale non è diverso dalla detenzione per il consumo, dunque non è reato. Così ha stabilito il gip genovese Roberto Fucigna, con la sentenza del 11-11-98, archiviando la pratica di alcuni studenti che erano stati denunciati per aver coltivato le famose piantine nei vasi del terrazzo. Il reato si avrebbe infatti solo nel caso di coltivazioni su larga scala a fini "commerciali".
E, per concretizzare il discorso antiproibizionista portato avanti ormai da anni, la Comunità di San Benedetto al Porto e il C.S.O.A. Terra di Nessuno hanno iniziato la coltivazione di canapa indiana.
Infatti è legalmente possibile coltivare il "canapone" (di cui l’Italia avrebbe bisogno per le sue industrie tessili) a patto che il contenuto di THC (il principio attivo) dei semi sia nelle medie delle direttive CEE.
Così, dopo aver fatto testare i semi in Questura, in un piccolo appezzamento di terra (un ettaro) del Lagaccio è iniziata questa provocatoria campagna che proseguirà con il regalo delle future piantine; lo scopo è di sensibilizzare i cittadini sui tanti possibili usi della canapa e insieme di ricordare pericoli e fallimenti del proibizionismo.



DOMANDE E RISPOSTE:
INCOMPATIBILITÀ FRA CARCERE ED HIV/AIDS

Sono malato di Aids e mi hanno arrestato. Cosa posso fare?
Per i casi di AIDS conclamato o per casi di grave deficienza immunitaria, che si ha quando la persona presenta un numero di linfociti pari o inferiore a 100, la legge 222 del 1993 prevede un rinvio della pena.
E’ necessario principalmente far presente la propria condizione agli agenti che ti arrestano ed ai responsabili in carcere, i quali a loro volta la comunicheranno al magistrato e ne terranno conto per eventuali cure necessarie.
La richiesta di scarcerazione va inoltre presentata, dall’assistito o da uno dei suoi legali, al giudice al momento della convalida dell’arresto.
E’ possibile mostrare direttamente la documentazione medica in possesso, di cui è sempre utile avere una copia con sè. Altrimenti è possibile sottoporsi agli accertamenti previsti (due esami a quindici giorni di distanza).
Per persone con un numero di linfociti superiori a 100 ma inferiori a 200 è necessario presentare la domanda di scarcerazione al giudice, che la valuterà sulla base della gravità del reato e dello stato di salute della persona.
E’ stato approvato, per ora soltanto alla Camera, il disegno di legge in materia di incompatibilità fra carcere e HIV/AIDS, che prevede, al posto del rinvio della pena (che resta comunque da scontare nel caso in cui le condizioni di salute migliorino) l’affidamento ai Servizi Sociali o a strutture sanitarie. Questo nel caso in cui si stia seguendo un percorso terapeutico o si abbia intenzione di cominciarlo.
In ogni caso, con la nuova legge, l’affidamento ai servizi od alle strutture sanitarie viene revocato nel momento in cui la persona non segua le cure predisposte, o commetta un nuovo reato.

SPESE PROCESSUALI

In una causa, a carico di chi sono le spese processuali?
Per quanto riguarda le spese processuali occorre distinguere:
- In sede civile vige la regola della "soccombenza", per cui il giudice, con la sua sentenza finale, condanna la parte perdente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte.
E’ peraltro possibile che il giudice, o perché la ragione non sta tutta da una parte (come in caso di domande contrapposte, o richieste incrociate di rimborsi da parte di entrambe le parti in causa), o per altri motivi (per esempio nel caso di richiesta di grossi indennizzi nei confronti della Pubblica Amministrazione), divida le spese tra le due parti.
- In sede penale normalmente le spese del procedimento sono anticipate dallo Stato.
Quando però si arriva alla sentenza, se la sentenza è di condanna le spese vengono poste a carico del condannato, nei cui confronti si procederà pertanto a recuperarle.
Il fatto che a distanza di alcuni anni dal processo tali spese non siano state richieste si giustifica solo con il carico di lavoro degli uffici.

ABORTO

Devo abortire, ho meno di 18 anni e non vorrei dirlo ai miei genitori. Che fare?
La legge prevede che, in caso di assoluta impossibilità di comunicare il fatto ai genitori, tramite assistenza sociale è possibile richiedere l’affidamento della minore al giudice minorile per la giornata dell’intervento, in modo che la minore possa abortire senza il necessario consenso di chi ne ha la patria potestà.
A chi rivolgersi:presso i consultori di zona o i Centri Giovani dove è possibile, in modo gratuito ed anonimo, ricevere consulenza ed assistenza in merito.

Sono maggiorenne, ma non ho il permesso di soggiorno. Come posso abortire?
La legge italiana garantisce il diritto ad essere curato per chiunque si trovi in Italia e necessiti di assistenza per: pronto soccorso, tubercolosi e tutela della maternità (compreso l’aborto). E’ quindi possibile abortire presso un ospedale rilasciando solo il nome. Inoltre, la legge sancisce il diritto alla privacy della persona, per cui l’ospedale non può trasmettere i dati alla questura.

Posso abortire, visto che sono minorenne e non ho il permesso di soggiorno?
Vale sempre la legge sulla privacy, per cui non si viene segnalati in questura. Tuttavia, in quanto minorenne, c’è la possibilità di una segnalazione ai servizi sociali.

C’è un limite per l’interruzione di gravidanza?
In Italia non è possibile abortire legalmente superato il terzo mese.
E’ possibile non riconoscere il bambino subito dopo il parto, facendosi ricoverare in ospedale e parlando con l’assistente sociale del reparto di maternità.
Il nome della madre non viene indicato sui documenti del bambino ed il parto non viene segnalato sul foglio di ricovero.

DOMANDE E RISPOSTE è una rubrica che ascolta e spiega i quesiti che vengono dal vivere sulla strada. Rivolgi anche tu le tue domande all’Unità Mobile della L.I.L.A. o alla redazione tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 12.00, telefonando al 010 2461290.



Colophon

anno due - numero uno - gennaio 1999 - distribuzione gratuita
Rivista mensile di carattere socio-culturale - A cura dell’Associazione Comunità San Benedetto al Porto - Via S. Benedetto, 12 - 16129 GENOVA - tel. 010267877 - fax 0102464543 - Autorizzazione del Tribunale di Genova n° 32/98 del 24-11-1998 - Redazione: Via Amba Alagi 6/8r - 16129 GENOVA - tel & fax 0102461290 - e-mail: [email protected] - Direttore responsabile: Francesco Pivetta - Caporedattore: Claudio Costantini - Hanno collaborato a questo numero: Assaad Hassan, Maria Cecilia Averame, Roberto Boca, Carola Frediani, Marco Lombardo, Elvira Malfatto, Massimiliano Olivieri, Gabriella Paganini, Liana Prezioso, Bruno Satta - Gli articoli possono essere riprodotti citando la fonte - Il progetto dell’Associazione San Benedetto al Porto, in collaborazione con il Ser.T. III genovese e la L.I.L.A., è finanziato dal Fondo Regionale lotta alla droga della Regione Liguria (delibera della Giunta n° 740 del 27.03.1998) - Tiratura: 2000 copie Stampato presso: Coop. Soc. La Lanterna - TipoLitografia.